Intervista a Giorgio La Malfa/"Non siamo entrati nel partito unico del Pdl"

Il Mezzogiorno continua ad essere dimenticato

Riproduciamo l’intervista che l’onorevole Giorgio La Malfa ha rilasciato a Massimo Clausi de "il Quotidiano" di lunedì 1° giugno.

Prima di Berlusconi la destra laica e liberale era rappresentata da due piccoli partiti (fra il 2 ed il 4%), il Pri ed il Pli. Dopo l’avvento del Cavaliere la politica non è stata più le stessa e i repubblicani, nonostante la loro gloriosa tradizione e la statura di tanti personaggi politici espressi, sono spariti. Cosa è successo al Pri?

"I repubblicani sono come quei fiumi carsici del Trentino, ogni tanto riemergono in superficie", dice Giorgio La Malfa. Storico leader dell’Edera, domenica scorsa in Calabria per il solito tour elettorale. Il simbolo dell’Edera è infatti ricomparso e a Cosenza sostiene il candidato del Pdl alla Provincia, Pino Gentile.

Allora, che fine ha fatto il Pri?

"Si è alleato con Berlusconi. Noi non entreremo nel partito unico del Pdl. Vogliamo mantenere un’autonomia di giudizio nelle alleanze".

Perché proprio con Berlusconi? Eppure è stata proprio Forza Italia a togliervi spazio politico.

"Beh, c’è da considerare che le nostre difficoltà nascono dal sistema elettorale. Con sbarramenti così alti non potevamo immaginare di correre da soli. Io contesto questo sistema come limitazione della libertà di pensiero. Posso capire che il sistema vada bene quando si tratta di garantire una certa stabilità amministrativa, ma per l’Europa dove ci sono grandi aree politiche non capisco il senso dello sbarramento".

Allora l’alleanza con il Pdl è solo strategia elettorale?

"No, abbiamo diversi punti in comune sui temi politici principali. In politica tre sono le grandi questioni. La prima è la politica estera, poi quella economica, infine la sicurezza. Sulla prima le scelte del Governo sono pienamente in linea con le nostre idee. Anche noi chiediamo un freno agli ingressi, ben sapendo però che la disperazione non si può respingere. Bisogna però tentare di regolarla in qualche modo, anche a tutela dei ceti più deboli della nostra società. Il pericolo è quello di una corsa al ribasso. So bene che ci sono poi questioni spinose come il diritto di asilo che non si può negare a nessuno. Anche sui temi della sicurezza ritengo che Maroni sia un ottimo ministro degli Interni".

Allora dove sono le differenze con il Pdl?

"In economia. Io sottoscrivo quello che ha detto il Governatore della Banca d’Italia e nello stesso tempo dico che non è uguale a quello che sostiene Tremonti. Il ministro ci dice che l’Italia non è mai stata meglio, parla di indici di disoccupazione del 10%. In verità non è vero che stiamo meglio degli altri; quel 10%, se lo scorporiamo, vediamo che rivela quasi un 30% nel Meridione, un 2 al Nord. Insomma, il Governo può e deve fare di più con nuovi investimenti, con politiche di sgravi fiscali e altre misure che ancora non abbiamo visto".

A proposito di Sud, uno dei problemi è proprio quello dell’accesso al credito.

"Ma è sempre stato così, le banche tolgono le linee di credito a chi ne fa buon uso, perché le aziende decotte difficilmente possono rientrare. Anche sul credito ci sarebbe bisogno di una politica più incisiva".

E sul federalismo qual è la vostra posizione?

"Siamo assolutamente contrari. Avrei preferito votare contro in Parlamento poi ho visto che anche il Pd si asteneva e non ho voluto calcare la mano. Io credo però che il federalismo sia la fine della finanza pubblica. Le regioni del Nord avranno più risorse rispetto a quelle meridionali. Allora le cose sono due: o il Sud sarà sempre più povero o lo Stato gli dovrà dare sempre più quattrini. E’ lo sfascio della finanza pubblica, appunto".

Ma perché uno dovrebbe votare Pri piuttosto che Pdl?

"Abbiamo il vantaggio che quando un giovane che vuole fare politica, si avvicina a noi, si può collegare a vecchie battaglie e a un filone di pensiero che non ha perso un grammo della sua attualità. L’idea della semplificazione della politica a tutti i costi ha vita breve. Berlusconi ha operato una semplificazione drastica del quadro politico: o con lui, o contro di lui. Oggi il dibattito si incentra tutto sulla sua figura e non si discute più di nulla. E’ scomparsa soprattutto la questione meridionale. Noi che su questo abbiamo grandi tradizioni - mio padre, Compagna, Visentini - siamo in grado di rilanciarla".